mercoledì 14 dicembre 2016

Plastica: anche per gli imballaggi la sostenibilità non può attendere




Il materiale più problematico e allo stesso tempo maggiormente utilizzato in tutte le sue varianti e possibili combinazioni con altri materiali è la plastica o meglio le plastiche. 
Una gestione inefficace del fine vita delle plastiche- anche nei paesi industrializzati- unita alla disastrosa gestione dei rifiuti da parte di 5 paesi asiatici ( responsabili del 55 /65% della plastica dispersa in mare), sta minacciando gravemente mari ed oceani.
Uno studio del 2014 ha stimato che, in mancanza di provvedimenti, avremo al 2025 nei mari, una tonnellata di plastica per ogni tre tonnellate di pesce e più plastica che pesce al 2050. Nuovi studi si aggiungono ogni anno a confermare che tutti gli organismi marini sono vittime dell’ingestione di plastica di varia natura: dai frammenti di fibre sintetiche ingerite dalle larve di pesce ad altre tipologie di plastiche come le microsfere dei cosmetici o frammenti plastici di varie grandezze che diventano il cibo per pesci più grandi. Le ripercussioni sulla salute dell’uomo saranno inevitabili poiché la quota di plastica che entra nella catena alimentare è destinata a crescere.
Lo studio The New Plastics Economy contiene dati preoccupanti.
L’attuale gestione degli imballaggi in plastica causa su base annuale un danno economico al capitale naturale che supera il valore totale dei profitti generati dal settore. Sotto il profilo economico non va meglio poiché il 95% del valore del packaging, stimabile in 60-120 miliardi di dollari, si perde dopo un singolo utilizzo.
Il mercato degli imballaggi di plastica è in crescita con stime che indicano un raddoppio dei volumi di vendita attuali entro i 15 anni e una loro quadruplicazione al 2050 con 318 milioni di tonnellate immesse al consumo (un po’ di più della produzione complessiva dell’intera industria plastica del 2014 pari a 311 milioni di tonnellate).
Nel 2013 sono state immesse nel mercato globale 78 milioni di tonnellate di packaging in plastica per un valore pari a 260 miliardi di dollari. Di quelle 78 milioni di tonnellate di packaging il 72% non è stato recuperato, il 40% è finito in discarica e il 32% è sfuggito ai sistemi di raccolta “legali”. La percentuale media di riciclo del packaging immesso al consumo è pari al 14%e equivale alla percentuale che è andata ad incenerimento: il 14%.
Anche considerando il caso di maggior successo riferito al PET, la plastica più pregiata e maggiormente riciclata, si potrà rilevare che quasi la metà non viene raccolta per essere riciclata e solamente il 7% delle bottiglie di PET immesse al consumo viene trasformato in altre bottiglie: bottle to bottle. Anche in Italia si registra una situazione simile come ha reso noto il consorzio Coripet. Solamente i paesi che hanno in vigore il deposito su cauzione possono contare su una restituzione dei vuoti che può andare anche oltre al 90% dell’immesso al consumo per produrre altre bottiglie.

Lo studio si propone l'obbiettivo di fornir delle idee che potrebbero essere dei punti di partenza per un’azione globale:

  1. Il primo passo consiste nello stabilire il più alto livello di collaborazione possibile tra tutti i soggetti che formano la catena del valore della filiera della plastica a livello internazionale, che possono pertanto fornire un pezzo di soluzione. Quindi governi nazionali e locali, NGO, industria dei beni di largo consumo, produttori di packaging e di altri beni perché sono questi ultimi soggetti citati che giocano un ruolo critico nel determinare quanto viene immesso al consumo. Per guidare questo ripensamento del sistema economico attuale gli autori del rapporto suggeriscono la creazione di un coordinamento indipendente che possa definire una tabella di marcia, stabilire standard, metriche e sistemi comuni ai quali fare riferimento, e infine promuovere le opportunità di innovazione a livelli di economia di scala.
  2. Il primo compito di questo organismo indipendente è di lavorare all'adozione di standard di riferimento globali per la progettazione dei manufatti in plastica in modo che siano compatibili/allineati come caratteristiche con i sistemi di gestione del loro fine vita. L’innovazione continua dei prodotti di largo consumo e del packaging si contrappone a dei sistemi di gestione dei rifiuti e di impiantistica che non sono altrettanto dinamici e variano da paese a paese. L’iniziativa deve obbligatoriamente coinvolgere tutto il mondo industriale ( produttori di plastica e packaging, aziende di marca, retailers e aziende che si occupano di raccolta, selezione e riciclo degli imballaggi) in modo che, anche sulla base delle linee guida all’ecodesign già esistenti si arrivi a sviluppare standard e metriche comuni che migliorino la circolarità dei flussi di materiale.
Semplificando nel ridisegnare le linee guida del sistema si dovrebbe, sulla base della situazione attuale, valutare quali benefici economici potrebbero scaturire se attuassimo :


  • un significativo restringimento delle attuali e diverse opzioni di combinazione di materiali eterogenei (abbinamenti tra diverse plastiche o altri materiali come carta alluminio) e di utilizzo di additivi;
  • una possibile eliminazioni di quelle piccole componenti/accessori del packaging che si rivelano un problema a fine vita e possono più facilmente finire nell'ambiente;
  • un’armonizzazione dei vari sistemi di etichettatura e indicazione dei componenti chimici allineata ai sistemi standard di gestione degli imballaggi utilizzati per la separazione e la selezione degli imballaggi;
  • una riprogettazione degli impianti e dei sistemi spesso frutto di progetti nati in modo frammentato a livello municipale o regionale in modo da rendere possibili l’ottimizzazione e il raggiungimento di economie di scala nella gestione dei flussi di imballaggio.

Tra le indicazioni del rapporto su come entrare in azione , davvero troppe per effettuare anche solamente una sintesi, non mancano la realizzazione di progetti pilota su larga scala aperti all’innovazione continua (e alle necessarie variazioni richieste dai contesti locali), e alcuni suggerimenti su come coinvolgere i decisori politici nello sviluppo di una visione comune per un modello economico più efficace. A tal proposito viene suggerito di fornire ai policy makers un toolkit che contenga una metodologia strutturata per la valutazione delle opportunità, delle barriere e delle opzioni politiche per superarle in una transizione verso una nuova economia per la plastica. Spetta infatti alla politica giocare un ruolo chiave per l’EC attraverso legislazioni mirate e incentivanti.
Le aziende leader, il mondo accademico e gli innovatori vengono invitati dal report a riunirsi per sviluppare “moonshot innovations” e iniziative capaci di avere un significativo impatto su grande scala. 
Per citare solamente alcune delle aree di ricerca proposte: 
  • sviluppo di materiali compositi che possono essere riprocessati come gli adesivi reversibili che si ispirano alla biomimetica; 
  • la ricerca di super polimeri che abbiano la funzionalità di quelli attuali ma un grado superiore di riciclabilità; 
  • sviluppo di tecnologie avanzate di riciclo chimico, ecc.



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